E’ noto che l’art. 54-ter del Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18, introdotto con la legge di conversione n. 27 del 24 aprile 2020 ed entrato in vigore il 30 aprile 2020, ha disposto che “al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”.

Per effetto di tale disposizione, dunque, fino al 30 ottobre 2020 non è possibile procedere ad espropriazione dell’immobile che costituisce casa di abitazione principale del debitore.

La ratio di tale norma, che ha efficacia eccezionale circoscritta al periodo di emergenza sanitaria tuttora in atto, è quella di tutelare non solo la posizione del debitore esecutato - già particolarmente compromessa nell’attuale momento di grave crisi non solo sanitaria ma anche socio-economica - consentendogli eccezionalmente di mantenere il possesso della propria abitazione principale durante il periodo emergenziale; ma anche, considerate le restrizioni adottate sull’intero territorio nazionale alle libertà di movimento e di circolazione (cd. lockdown), evitare ai soggetti coinvolti a vario titolo nella liberazione dell’immobile (custode giudiziario, fabbro, medico, forza pubblica ecc..) e alla collettività in genere le problematiche inerenti e conseguenti alla liberazione medesima, in un momento in cui il distanziamento sociale e l’isolamento individuale e/o familiare sono stati (e, per certi versi, continuano ad essere) un imperativo categorico per ciascun cittadino, al fine di arginare la pandemia in atto.

La norma in comento non è...

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