La pubblicità immobiliare è una forma di pubblicità giuridica finalizzata a rendere pubblicamente conoscibili gli atti con i quali si trasferisce la proprietà o si costituiscono, modificano od estinguono i diritti reali su beni immobili.

Essa si realizza attraverso la tenuta e l’aggiornamento dei registri immobiliari, la cui consultazione permette di risalire alla titolarità di un determinato bene ed alla eventuale presenza di pesi o vincoli che, in vario modo, ne limitano il godimento.

Si tratta di un sistema complesso la cui principale finalità è quella di costituire un ragionevole compromesso tra l’esigenza di tutela dell’autonomia privata e le ragioni di sicurezza dei traffici giuridici e dell’affidamento dei terzi. 

Nel momento in cui la proprietà individuale è riconosciuta dalla legge, è assolutamente necessario che il diritto la regoli in modo che non solo l’individuo possa trarne vantaggio, ma anche e soprattutto l’intera società.

Il fondamento costituzionale del sistema della pubblicità immobiliare può essere rinvenuto nell’art. 42, secondo comma, della Costituzione italiana nel quale si legge: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.”

Così l’obbligo della pubblicità, imposto dalla legge ai pubblici ufficiali che hanno rogato o ricevuto l’atto, appare chiaramente giustificato dalle esigenze del principio sociale, che è fondamento di tutte le limitazioni che la legge stessa pone all’arbitrio del singolo in genere e del proprietario in particolare.

Il sistema della pubblicità è altresì legato naturalmente con l’esigenza della sicurezza: sicurezza di poter disporre del bene, anche agli effetti della garanzia che esso può offrire per ottenere del credito; sicurezza della circolazione, poiché il valore del bene aumenta appunto anche in relazione alla sua commerciabilità.

In definitiva, come anche affermato dalla Corte di Cassazione in una recentissima pronuncia, il sistema “trova la sua “ratio” nei generalissimi principi di tutela della sicurezza inerente alla circolazione dei beni e nell’affidamento dei terzi, in particolare creditori e aventi causa dal debitore originario.” (Cassazione civile, sezione III, sentenza 27 novembre 2018, n. 30625).

Cenni storici
Il sistema di pubblicità immobiliare vigente in Italia discende dal sistema francese, introdotto con il Code Napoléon nel primo Regno d’Italia nel 1806.
Esso viene chiamato “della trascrizione” perché il documento che attribuisce il diritto viene “trascritto”, cioè riprodotto nei pubblici registri, e si basa sui dati soggettivi che dal titolo stesso si ricavano e che, poi, servono per indirizzare la ricerca.
Il Codice civile del Regno d’Italia, emanato nel 1865 e quasi interamente trasfuso nel vigente Codice civile del 1942, si è ispirato al principio della “opponibilità”, affermatosi in Francia nel 1855, principio per il quale gli atti traslativi possono essere opposti ai terzi solo se “trascritti”.

I sistemi di pubblicità immobiliare vigenti in Italia: principali differenze
In Italia, accanto al sistema della trascrizione, in vigore nella maggior parte del territorio, è utilizzato anche il sistema cosiddetto “Tavolare”, sorto nei territori dell’ex monarchia asburgica e poi mantenuto in vigore. Precisamente, tale sistema è stato conservato nelle Province di Trento, Bolzano, Trieste e Gorizia, nonché in alcuni Comuni in Provincia di Udine, Belluno, Vicenza e Brescia (legge tavolare, regio decreto 28 marzo 1929, n. 499).

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