La Suprema Corte è tornata ad occuparsi dei parametri di stima da impiegare nelle c.t.u., della loro rilevanza e dell’incidenza dell’obbligo di motivazione posto in capo al consulente quando operi nella veste di ausiliario del giudice.
La materia della stima, i metodi di calcolo e più in generale quel che concerne la consulenza tecnica, vengono ricondotti dai giuristi nell’ambito della cosiddetta discrezionalità tecnica, rispetto alla quale l’indagine conoscitiva del tecnico del diritto si arresta, limitandosi a svolgere un controllo esterno attraverso l’analisi della parte motivazionale ed all’iter logico seguito dall’esperto per ottenere quel certo risultato dichiarato nella propria relazione
In effetti non potrebbe essere altrimenti, nel senso che la perizia tecnica implica conoscenze e competenze che sono retaggio esclusivo di coloro che le possiedono, per cui ben può accadere che l’esito del contenzioso sia condizionato in modo determinante dalla competenza ed autorevolezza dell’esperto tecnico, a volte di parte a volte super partes, nelle vesti di ausiliare del giudice.
In definitiva ciò che conta è che il giurista possa verificare l’assunto del tecnico, nel senso di essere in grado di ripercorrere l’iter logico seguito, prendendo in considerazione e potendo verificare la corretta applicazione di tutti gli elementi, documenti e fonti d’informazione da questi valutati o consultati.
Fatte queste brevi considerazioni di carattere generale, che credo possano considerarsi pacifiche ed acquisite da parte di tutti coloro che in qualche modo si interfacciano con il sistema giustizia inteso nel senso più lato, e passando segnatamente all’esame della decisione della Corte, non può non colpire il fatto che il perito nominato dal giudice per determinare l’importo di una certa indennità di espropriazione, avesse elaborato la propria stima facendo ricorso a ben tre differenti metodologie, segnatamente....
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