La doppia stima degli immobili può assumere diverse configurazioni rispetto: all’oggetto della stima, alle basi del valore, ai metodi di stima, ai soggetti, ai fatti e ai diritti connessi alla valutazione immobiliare.
Nelle stime convenzionali la doppia stima era richiesta nella determinazione dell’indennità di espropriazione calcolata con la media del valore venale e dei fitti coacervati (legge 15/01/1885, n. 2892). Questa doppia stima prefigura un metodo estimativo misto ed è riferita ai valori di mercato di uno stesso immobile, definiti rispetto ai segmenti di mercato delle compravendite e degli affitti.
Nella stima dell’indennità di espropriazione parziale la doppia stima era presentata come differenza tra il valore di mercato dell’immobile avanti l’occupazione e il valore di mercato della parte di immobile residuata dopo l’occupazione (legge 25/06/1865, n. 2359). In questa doppia stima la base del valore è unica ma differiscono gli immobili oggetto della valutazione.
Nel diritto di usufrutto l’indennità per i miglioramenti fondiari è posta pari alla minore somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore del fondo indotto dai miglioramenti. In questa doppia stima le basi del valore differiscono, le stime sono alternative e l’immobile da valutare è unico nelle due condizioni con e senza miglioramenti.
Il riferimento alle stime convenzionali è imposto dal ruolo esercitato dai criteri normativi nell’evoluzione della metodologia estimativa.

Nella tradizione estimativa italiana la doppia stima riconosceva agli immobili un valore intrinseco legato al valore delle mura e alla posizione nel contesto urbano e un valore estrinseco relativo alla destinazione (Curto, 1989).

La doppia stima era svolta con la media tra ... (continua scaricando il pdf)

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