TAR Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, sentenza 5 febbraio 2018 n. 60

Quanto tempo ha l’Amministrazione per sanzionare un abuso edilizio? Esiste una sorta di prescrizione del potere del Comune di ordinare la demolizione? Lo può fare anche se sono trascorsi molti anni da quando l’opera è stata fatta?

Sono, queste, alcune domande che vengono spesso poste, dagli interessati come anche dai tecnici, nel caso di provvedimenti adottati dal Comune volti a colpire irregolarità che, a volte, risalgono nel tempo, anche a dispetto dei proprietari del fabbricato che non sempre, e non necessariamente, ne sono al corrente.

Ebbene, il potere in capo all’ente pubblico di perseguire l’abuso non si prescrive. Semmai, a certe condizioni, possono venire meno le ragioni di pubblico interesse che giustificano il perseguimento dell’abuso, ma la giurisprudenza è piuttosto restia ad ammetterne la possibilità.

Dunque occorre distinguere l’azione penale dall’azione amministrativa, nel senso che è a tutti noto che un abuso edilizio è fonte di responsabilità penale, non solo per chi lo commette materialmente ma anche per coloro che, pur non avendovi preso parte, hanno tenuto un comportamento accondiscendente per poi trarre vantaggio dall’opera, od in vista di trarre comunque benefici da essa. L’azione penale tuttavia è soggetta a prescrizione, perché dopo trascorso un certo tempo viene meno, si dice, l’utilità di applicare al responsabile una sanzione (penale) che si giustifica per la sua (relativa) immediatezza col fatto che è fonte di responsabilità anche solo per colpa e non per dolo.

Non così, invece, per l’abuso edilizio realizzato, e dunque per il frutto della condotta, che si perpetua nel tempo come situazione antigiuridica e giustifica pertanto l’intervento correttivo pubblico, anche a distanza di anni.

E’ quanto emerge dalla sentenza in commento, dalla quale è possibile trarre qualche utile elemento sul piano della due diligence immobiliare. Intanto perché si riafferma che la regolarità sotto il profilo urbanistico – edilizio del fabbricato non può che essere dimostrata attraverso il titolo edilizio rilasciato dall’Ente preposto, e non attraverso altri atti che pure assicurano, anche se per altri aspetti, la regolarità dell’immobile. Dunque la conformità al titolo edilizio non la si può ricavare dal certificato di abitabilità, sebbene, come noto, possa anche accadere che l’abitabilità, ora agibilità, potesse essere negata per il fatto che il manufatto realizzato non fosse del tutto conforme a quello licenziato. Come pure poco rileva l’accatastamento, se non, almeno in questo caso, come indizio circa l’epoca di realizzazione della costruzione. In secondo luogo, viene ribadito che non vi è affidamento che possa tenere banco, giacchè il decorso del tempo non è in grado di incidere sulla legittimità dell’opera, e di giustificare il mantenimento di quanto è stato realizzato in violazione della legge.

E fin qui ci siamo. L’interrogativo è naturalmente rivolto al poi, a come verrà attualizzato l’ordine di demolizione, se verranno mai poste in essere attività dirette alla esecuzione materiale, sempre alquanto sgradevoli ed impopolari, oppure se, come spesso accade, il tutto verrà tradotto in una sanzione economica di fiscalizzazione, i cui costi però non sono sempre sostenibili.

Ma è pur di là che bisogna passare.

Categorie:
Catasto Due Diligence