Nelle recenti riviste tecniche, in quelle di estimo e per gli addetti del settore immobiliare, gira un termine quasi nuovo, sconosciuto, curioso: asking price.

Cosa vuol dire “asking price”? Letteralmente significa “chiedere il prezzo”, ma nella pratica del settore immobiliare equivale alla nota formula “offerte in vendita”. Si tratta in buona sostanza del mercato delle offerte fatte dalle agenzie immobiliari per gli immobili.

Ma perchè si fa un gran parlare di questo termine, tanto da scrivere articoli, pro e contro? Cosa si nasconde dietro questo termine e sopratutto, quanto incide nella valutazione di un immobile, perchè di questo parliamo?

Come sempre, cercherò di non scrivere un articolo per pochi eletti ma proveremo insieme a capire come e perchè, giustificando il titolo “Meglio evitare!”.

La norma UNI 11612:2015, al paragrafo 4.1 Metodo del confronto di mercato, riporta il seguente testo:

Al fine di rilevare  la congiuntura di mercato, oppure nel caso di stime in cui in un periodo recente siano avvenute insufficienti, non rilevabili e/o attendibili transazioni (veri atti di compravendita n.d.r.)… […] … in via residuale potranno essere prese in considerazione le richieste di prezzi per immobili simili offerti in vendita (asking price);..[…]”.
La norma dunque, ci propone una alternativa di facile approccio, nel caso in cui dalle ricerche fatte presso le conservatorie, notai e fonti dalle quali ricavare veri atti di compravendite, non si rilevino sufficienti comparabili (e quindi compravendite), per redigere un rapporto di valutazione secondo il MCA (Market Comparison Approach).

Lasciamo per il momento l’aspetto tecnico e soffermiamoci su quello pratico.

Stimiamo il più probabile valore di mercato di un fabbricato, prendendo in esame dei comparabili rilevati attraverso la ricerca di veri atti di compravendita. In essi troviamo tutte le informazione, o il 95% di essi, di quello che ci serve ovvero, le caratteristiche principali da comparare. Troviamo dunque, il prezzo di compravendita, la data in cui è stato compravenduto, ne ricaviamo la superficie, sappiamo il livello di piano, sappiamo quanti servizi ha, possiamo dedurre con facilità lo stato di manutenzione, sappiamo se dotato di impianti energetici.

Tutte queste caratteristiche immobiliari, si trasformano in “prezzi marginali, che esprimono la variazione del prezzo totale al variante della caratteristica”.

La somma delle singole caratteristiche sotto forma di prezzi, determina il valore finale dell’immobile, trovando quindi luogo la definizione secondo la quale  “…il mercato fisserà il prezzo dell’immobile da stimare allo stesso modo in cui ha determinato il prezzo di immobili simili presi a confronto“.

Dunque, una analisi di confronto con MCA fatta con dati veri, ci porta a compiere la volontà del legislatore, nel momento stesso in cui ci dice che cos’è il valore di mercato:

“il valore di mercato è l’ammontare stimato per il quale un determinato immobile può essere compravenduto alla data della valutazione tra un acquirente e un venditore, entrambi non condizionati, indipendenti e con interessi opposti, dopo un’adeguata attività di marketing durante la quale entrambe le parti hanno agito con eguale capacità, con prudenza e senza alcuna costrizione” (fonte: International Valuation Standard).
Se dunque, siamo chiamati a formulare il più probabile valore di mercato di un immobile partendo dal dato dei comparabili che si rilevano dagli atti di compravendita, ovvero dal prezzo che il mercato ha fissato per quegli immobili, abbiamo compiuto, di fatto, una ricerca del più probabile valore di mercato secondo gli standard.

La pratica degli standard ci indica anche come procedere in caso di scarsa reperibilità di comparabili, ma questa è un altro articolo da scrivere.

Riprendendo dunque l’aspetto tecnico del perchè “asking price, meglio evitare!”, a questo punto la domanda sorge spontanea (per usare una frase fatta): ma l’asking price, cioè l’offerta in vendita, è fissato dal mercato o dal venditore? E’ una valutazione databile o è condizionata dal mercato? E’ un prezzo finito o è soggetto ad un ribasso? C’è stata un trattativa tra un venditore ed un acquirente? E sopratutto, il venditore ha agito con prudenza e senza alcuna costrizione? Se almeno i due terzi delle risposte a queste domande sono negative è chiaro che non siamo in presenza di un valore di mercato (scusate la provocazione).

Fatto molto importante del perchè gli asking price non possono e non dovrebbero essere presi nemmeno in minima considerazione nelle valutazioni immobiliari, sta nel fatto che nella stragrande maggioranza dei casi le offerte in vendita non sono verificate, ovvero gli immobili immessi sul mercato potrebbero non essere sani e presentare criticità tali da essere invendibili.

Sappiamo per certo ormai, che la compravendita di un immobile è la fase finale di un complesso sistema di tracciamento, trasparenza, certezza, registrazione e verifica della proprietà.

Questo sistema permette insomma di trasfomare il fabbricato in capitale vivo, permette di rendere tangibile l’espressione di un concetto complicato come appunto è la parola “capitale”, in una reale manifestazione di esso.

In questo senso, la valutazione immobiliare secondo gli standard, non può non esprime il reale valore di mercato di un immobile, ovvero, lo costituisce veicolo per la circolazione del capitale, ovvero, gli attribuisce un valore monetario.

Va da se dunque, che un fabbricato sano, costituisce di per se stesso veicolo sano del capitale, posto che il suo dato monetario (valutazione immobiliare) rispecchi l’andamento del mercato che, come scritto in precedenza, ha fissato il prezzo dell’immobile da stimare, allo stesso modo con il quale ha determinato il prezzo di immobili presi a confronto (comparabili).

A tutto questo siamo arrivati attraverso un procedimento di standardizzazione delle procedure estimative, dovute all’evoluzione dei mercati finanziari che veicolano capitali anche attraverso il “mattone”, bene rifugio sempre valido.

Se dunque da un lato abbiamo un procedimento standard tale da considerare “sano” un determinato procedimento, dall’altro non possiamo dire altrettando degli asking price.

Gli asking price sono tutto, fuorchè veri dati perchè non fissati dal mercato bensì dalle quotazioni. Le offerte in vendita non presentano dati sufficienti a determinare i relativi prezzi marginali e soprattutto, non garantiscono che l’immobile preso a confronto per deterinare il valore del nostro subject, sia sano.

Nel mercato delle offerte in vendita si trova di tutto. Tra gli immobili sani, cioè in regola, si trovano immobili in parte abusivi o che presentano delle criticità e quindi il più delle volte le superfici indicate comprendono anche quelle parti non legittimate. E quindi, come fare per verificare se l’immobile offerto in vendita è “sano”? C’è solo un modo: chiamare  in agenzia e fare un interrogatorio di terzo grado all’agente immobiliare.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg della contraddizione degli asking price e l’aspetto tecnico che giustifica da solo il titolo “meglio evitare!”, è dunque già spiegato.

L’MCA è la ricetta, se gli ingredienti sono buoni verrà fuori un buon piatto, se gli ingredienti sono scarsi verrà fuori un piatto scadente”. (cit.)
Cosa ha voluto dire? Che se ci metti dentro dei dati del tutto “costruiti” come posso essere quelli derivati dalle offerte in vendita, non avrai mai una valutazione immobiliare che rispecchi il mercato ma, di contro, avrai un valore medio delle quotazioni immobiliari riferite ad immobili simili a quello da stimare, con molta probabilità appartenti a segmenti di mercati diversi, per le quali esiste già un sito dell’Agenzia delle Esntrate che si chiama OMI (Osservatorio Mercato Immobiliare).

La stessa Agenzia, ricordiamo, che nel proprio portale comunica: “Si avverte che nell’ambito dei processi estimativi, le quotazioni OMI non possono intendersi sostitutive della stima puntuale, in quanto forniscono indicazioni di valore di larga massima. Solo la stima effettuata da un tecnico professionista può rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l’immobile e motivare il valore da attribuirgli.

Secondo logica deduttiva: se la stessa Agenzia avverte sull’inaffidabilità delle quotazioni OMI nella fase di stima, se, come ampiamente dismostrato, le offerte in vendita non garantiscono l’applicazione degli standard estimativi ma ne rappresentano l’esatta negazione,  perchè permettere di ricorrere “in via residuale” alle offerte in vendita per recuperare comparabili? Perchè non dire invece: “guardate che se non trovate comparabili, dovete passare al sistema della capitalizzazione”, che nella scala delle scelte dei procedimenti di stima viene subito dopo?

La chiave di lettura, a parere dello scrivente, sta nella parola “residuale” e dell’uso che se ne fa o che se ne potrebbe fare in fase di incarico.

A questo punto dell’articolo, non vorrei annoiare il lettore scrivendo altrettante righe di commento sulle clausule che regolano gli incarichi; ne cito una su tutti: i costi.

Non c’è alcuna ombra di dubbio che il dato sui prezzi offerta sono di facile accesso, reperimento ed a costo zero. Le ricerche dei comparabili da atti di compravendita, richiedono di contro, costi in più e ricerche sicuramente più lunghe per selezionare il segmento di mercato nel quale ricercare i comparabili.

Il rischio che si corre dunque, non è tanto legato alla validità del metodo che resta comunque l’MCA, ma a quello che mettiamo dentro. E aggiungiamo che il dato dei prezzi offerta, è un dato distante dal valore reale di compravendita. In alcuni casi si aggira tra meno 30-35%.

Quali sono i rischi che si corrono?
Sicuramente la valutazione è falsata dal dato preso a riferimento e si rischia di vanificarla, chi acquista paga un prezzo superiore del dovuto, il venditore che vede allungarsi i tempi di vendita, l’agente immobliare che non riesce a far concludere l’affare e i tribunali che vedono sistematicamente le aste deserte.

Se dunque è vero com’è vero che gli immobili sono il segno tangibile attreverso il quale si manifesta il capitale, posto che parliamo di immobili sani, che tipo di capitale generiamo con una valutazione basata su un dato non realistico, seppur aggiustato con alchemiche formule che tendono solo a giustificare la volontà di ricorrere a dati “economici”?

L’introduzione degli standard estimativi, fa parte di un complesso sistema attraverso il quale, come già precedentemnte accennato, far muovere il capitale nei vari mercati in quanto ” […] tutti i documenti standardizzati che rappresentano la proprietà formale sono congegnati in modo tale da facilitare la misurazione degli attributi delle attività” (H. De Soto).

Se dunque, la valutazione secondo gli standard costituisce garanzia di per se stessa della valutazione, costituisce un altrettanto imprescindibile presupposto che la monetizzazione del nostro immobile corrisponde  all’espressione del mercato corrente, poichè è il prezzo espresso dal mercato corrente. Insomma, il prezzo rappresenta nel modo più completo possibile il valore di un bene.

La contropartita del mercato immobiliare è dunque il mercato delle obligazioni, dei mutui e di tutti quei canali che permettono di rendere fungibile un immobile ovvero lo trasfomano in capitale.

In conclusione. Se gli standard non prevedono l’uso degli asking price nel processo di valutazione immobiliare il motivo è spiegato. Ed è per questa ragione che l’uso dell’espressione “..in via residuale” non debba neanche essere assunta per coprire la carenza di comparabili desunti da veri atti di comprvendita. Gli standard infatti ci dicono che se non esiste il mercato delle compravendite (quasi impossibile), esisterà quello degli affitti e quindi la procedura seguante è quella della capitalizazione.

E’ pur vero che i dati di vendita (prezzo reale) contenuti in alcuni atti, non sono sempre coerenti. E’ pur vero che per ragioni a noi ignote, a volte, anche se dal 2006 c’è l’obbligo di dichiarare il prezzo realmente fissato dalle parti, questi valori sono molto distanti persino dagli asking price (inferiori cioè del 40-50%). In questo caso, solo le CONOSCENZE, ABILITÀ E COMPETENZE del valutatore immobiliare, sono requisiti essenziale per dare la giusta validità alla valutazione, senza ricorrere in via residuale alle offerte in vendita.

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