Corte di Cassazione, Sez. Unite, ordinanza 23 gennaio 2017; id. sentenza 18 novembre 2016 n. 23462
Ogni qual volta ci si trova di fronte ad un atto dell’Amministrazione invasivo della privata proprietà, e ciò accade molto più frequentemente di quanto si possa immaginare, può sorgere nel malcapitato privato cittadino il dubbio che, essendoci di mezzo un’Amministrazione Pubblica, in qualche modo lo possa fare. Questo dubbio, o timore, a volte reverenziale e sintomo di una certa sudditanza del nostro comportamento, tende poi a crescere in misura proporzionale alle dimensioni dell’Ente che ha agito. Un simile pensiero è purtroppo abbastanza radicato nel comune sentire, e trova a mio avviso le sue ragioni anche nel fatto che traligna, in ciascuno, la tendenza a fare da sé (mica per nulla siam maestri nell’arte di arrangiarsi), ad affidarsi il meno possibile alle istituzioni, tra le quali in particolare poniamo anche la giustizia, la quale con i suoi tempi, a volte i suoi ritardi, oppure le sue incongruenze alimenta un certo senso di sfiducia.
Sarà per la mia professione, sarà perché ho avuto una scuola che ha accresciuto in me il senso civico, fatto sta che sempre mi viene naturale guardare all’operato dell’Amministrazione senza preconcetti, nel senso di ritenere quanto fatto da essa come una corretta modalità di esercizio del potere, e quando invece non è così ad individuare una pronta risposta correttiva da parte dell’ordinamento.
Mi direte forse che sono un romantico idealista, ma in questo caso lasciatemi dire che ho tratto conforto da questa sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Sez. Unite, 18 novembre 2016 n. 23462) che a fronte della occupazione illegittima di un’area da parte del Comune, essendo stata (detta occupazione) posta in essere nell’assoluta mancanza della dichiarazione di pubblica utilità per la mancata approvazione della variante al piano di recupero che ne costituiva il suo indefettibile presupposto, ha individuato la giurisdizione del giudice ordinario, essendo l’azione di danni in quel caso proposta dal privato cittadino da porsi in correlazione ed in conseguenza dell’attività usurpativa posta in essere dall’Amministrazione.
Quindi in quel caso si andrà dal giudice ordinario, in assenza di provvedimenti legittimamente adottati ai fini dell’apprensione dell’area, al fine di ottenere una sentenza che ordini la restituzione dell’area. In quel caso valuterà l’Amministrazione se restituire il bene, oppure disporne l’acquisizione in forza dell’art. 42 bis T.U. 327/01, ma in quel caso si apriranno altri scenari. Ai nostri fini può invece essere utile rammentare:
a) Che nel nostro ordinamento i conflitti di giurisdizione, in questo caso tra giudice ordinario e giudice amministrativo, sono regolati dalla Corte di Cassazione, che si pronuncia a Sezioni Unite;
b) Che l’attività materiale dell’Amministrazione, pertanto non fondata su provvedimenti legittimamente adottati, ove si traduca in danno della proprietà di privati cittadini, è un’attività da considerare illegittima se non illecita ad ogni effetto, nonostante la provenienza, con la conseguenza che gli strumenti processuali di tutela sono quelli previsti dall’ordinamento al pari di qualsiasi altra attività illecita usurpativa.
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