Nelle strade delle nostre città, quasi tutte le attività commerciali così come le attività produttive hanno le serrande chiuse per rispettare il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri anniunciato in data 21 marzo 2020 (“Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale”), -che sostituisce le precedenti disposizioni oggetto dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 e del 9 e del 11 marzo 2020 - al fine di contenere lo sviluppo della pandemia da Covid-19.
Molti locali commerciali avevano, già di loro iniziativa, contingentato le aperture al pubblico sia in rispetto delle restrizioni imposte dal decreto stesso fino anche, addirittura, a non tenere aperte le attività seppur con grandissime limitazioni di fruizione da parte degli avventori (soprattutto locali quali ristoranti, pub, e bar) in quanto fondamentalmente per le stesse antieconomico e inoltre rischioso per la salute del personale addetto.
Da domenica 22 marzo, anche molti cancelli della attività produttive non necessarie alla sussistenza e sicurezza della collettività, resteranno chiusi, mentre restano aperti tutti gli ipermercati, supermercati, discount alimentari, i minimercati e gli altri esercizi non specializzati ma che vendano articoli di pubblica utilità per il vivere quotidiano.
Moltissime di queste attività, oggi con le serrande abbassate, sono svolte all’interno di immobili condotti in locazione dai singoli imprenditori commerciali sia da società di leasing che da locatori istituzionali e privati.
Il protrarsi sine die della emergenza sanitaria nazionale, sta’ creando forti preoccupazioni e non pochi dubbi sul futuro di quelle stesse attività commerciali e quindi inevitabilmente sulla redditività che queste ingenerano sia per gli imprenditori e sia, con i loro canoni locativi, ai proprietari degli immobili in veste di locatori.
Si ricorda che la Legge 392/1978 indica gli adempimenti riferiti ad un contratto di locazione immobiliare e più specificatamente in quelli per immobili non a destinazione residenziale: prevede espressamente che il locatore abbia la facoltà di recedere, salvo la possibilità di sfratto per inadempimento (comunicando disdetta con modalità previste dalla norma) soltanto per impedire il rinnovo della locazione ed esclusivamente nelle ipotesi specifiche indicate dalla legge.
Il conduttore, invece, è un po’ più libero di “rompere il vincolo contrattuale” e rilasciare i locali.
La legge consente al conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, la possibilità di recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi mediante lettera raccomandata.
Ai sensi dell'art. 27, ultimo comma della Legge 392/1978 i gravi motivi devono essere determinati da eventi o circostanze aventi le seguenti caratteristiche e che queste sussistano contestualmente:
• siano estranei alla volontà del conduttore, non rientranti nel suo normale rischio d’impresa e siano oggettivi;
• fossero imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto;
• siano sopravvenuti alla costituzione del rapporto contrattuale;
• rendano oltremodo gravosa la prosecuzione del rapporto contrattuale (Cass. 23639/2019).
Un grave motivo per l’esercizio del diritto di recesso è la congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole) purché sopravvenuta e oggettivamente imprevedibile al momento della conclusione del contratto (Cass. 26711/2011). Quindi gli effetti diretti e indiretti di una epidemia quale quella del Covid-19, che appunto presenta carattere di imprevedibilità e di straordinarietà, qualora incidesse in maniera particolarmente gravosa sull’andamento dell’attività aziendale, potrà consentire al conduttore di avvalersi del diritto di recesso per gravi motivi.
I gravi motivi possono anche consistere in problemi di salute, purché non siano meramente transitori e comunque tali da rendere oltremodo gravosa la persistenza del rapporto locativo (T. Modena 25.1.2013).
Non si può escludere che la contrazione dell’epidemia da parte del personale dell’attività svolta dal conduttore, abbia l’effetto di rendere più gravoso il rapporto locatizio, così da legittimare il conduttore a recedere dal contratto, ma con specifiche motivazioni e modalità.
Dopo le indicazioni in merito all’esercizio del recesso contrattuale da parte del conduttore, si rimanda ad un prossimo articolo che analizzerà l’eventualità che il conduttore possa formulare al locatore una richiesta di rinegoziazione del contratto in essere e revisione dei canoni di locazione in corso, causate dalle limitazioni imposte dalle norme emergenziali in forza della congiuntura economica sfavorevole, dato il periodo, alla attività svolta nei locali di proprietà del locatore.
Stay tuned and stay at home!
(in allegato il DPCM del 22 marzo 2020 in Gazzetta Ufficiale)
Appendice del 4 Aprile 2020 è uscita la senconda parte clicca qui
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Mercato Immobiliare