Come si stima un immobile? Investendo nelle competenze, nella professionalità e nel lavoro del valutatore perché, diciamolo una volta per tutte, estimatori non ci si improvvisa. E’ questa, in sintesi, la risposta emersa durante il convegno "Valutazioni Immobiliari:Cultura & Mercato del Real Estate” promosso da E-Valuations e tenutosi a Mantova il 12 ottobre scorso.
In particolare, è stato tranchant l’intervento di Alessandro Bianchi, Ceo RE/MAX Corporate il quale, senza mezzi termini, ha puntualizzato: “trovo ridicolo che la valutazione di un immobile possa costare 30-75 euro”.
Vero, verissimo: seppur si tratti di un momento fondamentale della vita dell’immobile, alla stima del suo valore viene assegnato molto spesso un ruolo marginale, anche perché, il più delle volte, a compiere la valutazione è un agente immobiliare non adeguatamente formato, che adotta metodi di stima empirici. Basti pensare che molti agenti assegnano il valore dell’immobile basandosi sul cosiddetto “asking price”, ossia sul prezzo che vorrebbero realizzare i proprietari.
Ma si può basare la stima sul sogno di chi possiede il bene?
Certamente no: come ha fatto notare Bianchi, quella dell’asking price non è altro che una leva di marketing, in particolare del marketing mix, che vede il posizionamento del bene come un aspetto fondamentale. Ma - è bene sottolinearlo e ripeterlo a gran voce - questo è marketing, nulla ha a che fare con l’estimo.
Così operando, però, si danneggia il bene in questione e si danneggia il sistema, perché si immettono sul mercato immobili a cui vengono assegnati valori molto distanti dal sacrosanto “più probabile valore di mercato”.
Nel mercato residenziale - ha fatto notare l’esperto - vengono adottate superfici ipotetiche, che a loro volta vengono confrontate con superfici ipotetiche di beni simili, ma vengono anche utilizzate superfici omogenizzate secondo criteri non omogenei.
D’altro canto, la ricerca di mercato (ben fatta) per l’estrazione del dato immobiliare non può essere ripagata con 75 euro: dunque ci si arrangia.
Bianchi è stato duro anche nei confronti dell’utilizzo dell’OMI, ma si è trattato di un attacco ben argomentato.
“L’OMI è, parimenti all’asking price, una follia - ha asserito -. Sì, una follia, perché si basa sulle macrozone e non risponde a niente”.
Infine, per chiarire ancora meglio il concetto di stima pertinente e sensata, il CEO ha richiamato l’attenzione sui beni legati al terziario, beni con i quali si confronta quotidianamente.
E ha ricordato: “Spessissimo questi beni vengono stimati in base al costo di costruzione opportunamente deprezzato per l’obsolescenza; ma che cosa interessa, al mercato, quando sia costato costruire quell’immobile? E’ un immobile azienda e come tale va valutato”.
Gli immobili azienda vendono un prodotto che, nel caso delle strutture alberghiere, per esempio, è lo spazio. E pertanto, il parametro da utilizzare per la valutazione è il canone locativo. Dunque, secondo il principio dell’ordinarietà, occorre estrarre il canone locativo ordinario e quindi capitalizzarlo: entra in gioco il saggio di capitalizzazione.
Ma estrarre quello corretto del mercato non è semplice, richiede un’attività costosissima, perché mancano le banche dati. Si torna quindi agli irrisori compensi di cui sopra.
Bianchi ha concluso il suo intervento con un auspicio: “Sogno un agente immobiliare che, al momento della valutazione, chiami un esperto valutatore indipendente e che, forte della valutazione indipendente, immetta sul mercato un immobile trasparente, privo di rischi”.
E - questo lo aggiungiamo noi - sogniamo un esperto valutatore che, in base alla sua esperienza e professionalità, sappia adottare il metodo di stima adeguato e l’aspetto economico più idoneo.
Con buona pace dei principi dell’estimo, dei sacri testi e dei padri fondatori di questa disciplina.
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